
L’epilogo del Carnevale quest’anno è coinciso con alcune giornate grigie e uggiose. In quei giorni non era raro vedere delle maschere sfilare per le calli celate da un velo di nebbia, mentre decine e decine di cellulari ne immortalavano i meravigliosi costumi.
Con delle giornate così livide, una residente restia alla confusione del Carnevale come me, dove poteva rifugiarsi per trovare un po’ di tranquillità?
La risposta è semplice: in un qualsiasi museo o galleria della città.
Ho deciso dunque di visitare la retrospettiva a Ca’ Pesaro: “William Merritt Chase: un pittore tra New York e Venezia“.
Non avrei potuto fare scelta migliore.

Trovo sempre molto interessante osservare come Venezia sia stata vissuta e ritratta nelle varie epoche a seconda dei diversi punti di vista. E se l’artista è uno straniero o semplicemente qualcuno di estraneo alla città (vedi “foresto” secondo il dialetto veneziano), che ha avuto ovvero la fortuna di posare il suo sguardo su palazzi, calli e canali della Serenissima per la prima volta, il senso di meraviglia che se ne trae è assicurato.

Nonostante il titolo della mostra lasci intendere, se non una vita vissuta tra New York e Venezia, quanto meno delle visite in laguna stabili e frequenti, William Merritt Chase (Williamsburg, Indiana 1849 – New York 1916) ha soggiornato a Venezia in sole due occasioni: la prima durante il periodo di formazione, la seconda verso la fine della sua vita.
Chase arriva la prima volta a Venezia nel 1877 insieme a dei compagni di studi. Il fascino della città ammalia presto gli occhi e il cuore del giovane pittore, il quale, durante un soggiorno di circa un anno, realizza una ventina di opere, confrontandosi con gli autori che lavoravano in città.
Ecco dunque delle balconate verdi e rigogliose affacciarsi su un canale, una fondamenta in penombra mentre delle gondole scivolano lungo il rio accanto, i tesori di un antiquario esposti nella corte adiacente alla sua bottega.



Devo ammettere di essermi riconosciuta ed immedesimata nei colori e nei dettagli di quest’ultimo quadro, anche se l’occupazione del suolo pubblico di Antichità al Ghetto è decisamente nulla!
E poi i frutti della pesca lagunare ritratti in una natura morta di importanti dimensioni.

Devono passare più di 30 anni prima che Chase ritorni a soggiornare a Venezia. E’ l’estate del 1913 ed il pittore è ormai un artista nonché docente d’arte rinomato.
Venezia rappresenta l’ultima sede dei corsi tenuti da Chase in Europa. Il pittore alloggia all’Hotel Gran Canal et Monaco dove, dalla penombra delle sue stanze, ritrae lo splendido panorama che si staglia oltre la balconata.

Anche se il titolo attribuito alla mostra – visitabile fino al 28 maggio – è un po’ forviante, dato che le opere esibite con soggetto Venezia non sono poi molte, il resto dei quadri che si possono ammirare nelle splendide sale di Ca’ Pesaro sono comunque talmente belli da togliere il fiato.
Chase spaziava molto in quanto a soggetti pittorici: il percorso espositivo della retrospettiva pone l’accento sulle nature morte di notevoli dimensioni in cui riflessi, luci e tridimensionalità fanno da padroni; e poi i meravigliosi ritratti delle signore dell’alta società newyorkese, le scene di vita della famiglia Chase e gli interni dipinti nei minimi particolari in un’armonia di colori e prospettive.



Colore, colore e colore, dunque. Proprio quello che cercavo per distrarmi dal grigiore che avvolgeva la città due settimane fa.
E a quanto pare non potevo scegliere giorno migliore per riconoscermi in Chase: sembra che durante la sua ultima visita a Venezia anche il pittore abbia trovato un tempo atmosferico cupo e grigio, tanto da realizzare un olio su tavola con titolo “Giornata grigia sulla laguna” (1913 ca.) e scriverne in una lettera alla moglie:
“Mia cara, oggi è stata un’altra brutta giornata. Pioggia, pioggia, pioggia. Sono rimasto in camera tutto il giorno, dipingendo dal balcone che è riparato – e penso di aver fatto un discreto lavoro”.
Quando si dice immedesimarsi con l’artista!
